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spesa sostenibile
Marco Altavilla
Marco Altavilla

Quanto costa spendere meno?

 

 

 

Spendere il meno possibile: qualunque sia l’acquisto che ci si accinge a fare: la prassi è ormai la stessa.

Il mondo online in questo ci aiuta moltissimo e sia chiaro: è una cosa del tutto legittima cercare di spendere meno, risulta istintivo.

Il problema nasce quando la logica che adottiamo nel nostro acquisto si basa esclusivamente sul prezzo, tralasciando il valore che ha per noi quel bene oppure il risultato che otteniamo o otterremo acquistandolo.

Prezzo e valore quindi sono i nostri due parametri. Dovremmo valutare un prezzo in base al valore che desideriamo ottenere a breve o a lungo termine;  purtroppo la quasi totalità degli acquisti d’impulso tende a escludere il valore dalla nostra variabile.

 

Parafrasando una massima di di Warren Buffet: “il prezzo è ciò che paghi. Il valore è ciò che ottieni

 

La logica che sta dietro a “lo spendere meno”

Lo so che starai già pensando: “va beh, la classica storia del chi più spende meno spende”.

Ma se da un lato questa è una frase che nella realtà ha un suo bel fondo di verità, anche ovvia se vogliamo, il mio intento è porre l’attenzione sul fatto che la maggior parte degli acquisti avviene esclusivamente sulla base del prezzo.

 

Non si tratta di dire che un prodotto che costa di più ha un assemblaggio migliore, dei materiali migliori, funzionalità ottimizzate che gli consentono di durare di più e quindi di ammortizzare il suo prezzo.

Si tratta bensì di rallentare. Capire se ciò che stiamo acquistando ci è utile e, soprattutto, se ci è utile adesso.

Siamo immersi in una società che preferisce avere un suo benefit subito, nell’immediato, a godere di una produzione di beni incessante e costante. Tutto questo porta spesso ad acquistare un bene senza che nemmeno questo ci serva. “Passavo di li”; era in offerta”; “mi sembrava un occasione” ecc…

Questa la logica che muove ogni periodo scontistico annuale: saldi invernali, san valentino sconto coppia, saldi primaverili, cyber monday, fino al famigerato black friday: orde scalmanate di consumatori invasati dall’acquisto compulsivo. Si acquista di tutto e di più, in negozio e online, che serva o che non serva. La sola cosa importante è spendere meno. Proprio sul black friday mi piacerebbe proporre un approfondimento a breve.

 

 

Il costo dei sottocosto.

Se dovessi stillare una lista delle dieci parole da me più odiate il “sottocosto” rientrerebbe sicuramente tra queste.

Ogni azienda vive del margine che riesce a produrre vendendo il suo bene o servizio. Il sottocosto propone una mitologica favoletta secondo la quale potremmo comprare un prodotto a meno del prezzo che la ditta ha speso per acquistarlo; il tutto senza conseguenze.

Siamo invece bombardati e circondati proprio da queste conseguenze:

  • Campagne pubblicitarie sempre più invasive e aggressive.
  • Totale disfacimento dei servizi clienti e delocalizzazione degli stessi (quando va bene).
  • Vincoli di acquisto multiplo (ottengo quel prodotto SOLO se acquisto anche un suo complemento).
  • Catene di negozi, anche grandi, che  frequentemente chiudono e aprono in zone diverse.
  • Assunzioni in questi stessi negozi volutamente non qualificate.

 

Vorrei approfondire proprio questi ultimi due punti perchè rappresentano il vero lato nascosto del sottocosto.

I primi a subire le conseguenze della lotta al ribasso dei prezzi spesso sono proprio le persone che lavorano all’interno dei negozi stessi. In assenza del margine operativo il taglio dei costi è obbligato. Quindi via libera a contratti scadenti, formazioni di basso livello e appiattimento (in molti casi azzeramento) della crescita professionale dei lavoratori.

Per non parlare delle delocalizzazioni asiatiche, dove la salute e il benessere dei lavoratori viene quasi sempre del tutto trascurata. Da qui la nascita di certificazioni come la Fair Wear Foundation.

In seconda battuta a subirne i danni sono paradossalmente i clienti stessi i quali si trovano di fronte a sempre più complessi meccanismi di allontanamento del servizio clienti e ad assistenze sempre più approssimative.

 

Le certificazioni.

Lascio le certificazioni di un prodotto nell’ultimo paragrafo perchè rientrano in una sfera del tutto soggettiva. Fanno sicuramente parte di un valore aggiunto di un prodotto ma possono non influire sul valore ottenuto a livello personale.

E’ possibile valutare certificazioni sulla qualità produttiva di un bene oppure sull’impatto positivo che l’azienda produttrice può avere. Di fatto sta alla persona che acquista valutare se far rientrare una o più certificazioni all’interno della variabile “valore”. E se hai piacere di approfondire l’argomento puoi cliccare qui.

certificazione fair wear fountation

 

Conclusioni

Questo è un fenomeno planetario e il problema è dato dalla somma dei singoli atteggiamenti. Proprio per questo si cerca di sensibilizzare non tanto lo spendere di più a prescindere, quanto a spendere in maniera critica.

La sola logica del prezzo, da sola, porterà solo a un danno collettivo; la lotta del prezzo al ribasso a tutti i costi danneggia il cliente stesso, lentamente, e senza che questo se ne accorga.

“Ma allora cosa devo considerare quando acquisto qualcosa?” Per antitesi al sottocosto mettiamo invece una delle mie frasi preferite: “é la somma che fa il totale”.

Non esiste la singola e giusta variabile; semplicemente devo inserire nelle valutazioni il beneficio che traggo dall’acquisto di quel bene sia a breve che a lungo termine; questa variabile è prettamente soggettiva e tende a variare di persona in persona. Un bene il cui prezzo X, che io potrei ritenere eccessivamente caro, può risultare utile e al giusto prezzo per un altra persona.

 

 

 

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